“Un ricordo di famiglia: Udet” di Maurizio Teucci

“Un ricordo di famiglia: Ernst Udet” a cura dell’Ambasciatore Maurizio Teucci

Ernst Udet

I miei genitori rievocavano talvolta in famiglia gli eventi di interesse che avevano vissuto, salvo un breve intermezzo, nel loro lungo soggiorno a Berlino dal 1934 all’8 settembre 1943, allorché mio padre, Giuseppe Teucci, era Addetto Aeronautico della Regia Ambasciata d’Italia, con funzioni dal 1941 anche di Ufficiale Superiore di collegamento tra lo Stato Maggiore della Regia Aeronautica ed il Comando Supremo dell’Aeronautica tedesca (Luftwaffe).

Tra i ricordi ritornava sovente il Generale Ernst Udet. Mio padre lo descriveva come uno dei più grandi piloti tedeschi che durante la Prima Guerra Mondiale aveva fatto parte del ‘Circo Volante’, come veniva chiamato lo squadrone di Manfred von Richtofen (il famoso Barone Rosso), aveva riportato 62 vittorie aeree ed ottenuto la più alta onorificenza al valore “Pour le Mérite”.

Nel dopoguerra – aggiungeva mio padre – Udet si era esibito in numerose manifestazioni aeree negli Stati Uniti e in Germania con temerarie acrobazie come ripetuti cerchi della morte a motore spento, planata ed atterraggio a motore ancora disattivato. Se lo ricordava in una esibizione di altissima acrobazia con il biplano Curtiss Hawk durante le Olimpiadi di Berlino del 1936, nel corso della quale – sottolineava mio padre – Udet aveva mostrato la sensibilità del volo di un genio e pilotato come un artista.

Con l’avvento al potere del nazionalsocialismo nel 1933 Hermann Göring, Ministro dell’Aviazione e Capo della Luftwaffe, che aveva conosciuto e apprezzato Udet ai tempi del ‘Circo Volante’, lo nominò nel 1936 Capo di quello che potremmo definire Ufficio Tecnico del Ministero medesimo, vale a dire Capo Dipartimento della ricerca e dello sviluppo del comparto aereo militare. Compito per il quale Udet non si sentiva all’altezza e non aveva un reale interesse.

Successivamente, nel 1939, sempre per interessamento di Göring, Udet venne nominato Capo Ispettore Generale della Luftwaffe, in sostanza il responsabile per la produzione, gli armamenti e l’approvvigionamento dell’aeronautica tedesca.

Potrà interessare qui mettere in rilievo come Udet in detta sua capacità diede impulso alla produzione e allo sviluppo dello Junkers Ju-87 (Stuka) e, avvalendosi della sua esperienza di alta acrobazia con picchiate e richiamate da capogiro, fu l’ideatore del bombardamento in picchiata dello Stuka. Manovra che aveva un effetto traumatizzante per la popolazione, ma anche per gli stessi piloti – per il coraggio temerario e la freddezza richiesti nell’operazione – con risultati che, tutto sommato, si potevano ottenere anche con il bombardamento in volo orizzontale. Mio padre non ricordava se fu di Udet l’idea di rafforzare ulteriormente l’effetto traumatizzante – svilupparlo tecnologicamente diremmo oggi – applicando dei piccoli ventilatori alla parte anteriore dei carrelli degli Stuka che durante la picchiata sviluppavano un suono di sirena d’allarme (la c.d. “Tromba di Gerico”).

Mio padre, nello svolgere una intensissima attività per la raccolta di dati e notizie, che servivano a dare una esatta valutazione della risorgente Aeronautica tedesca, entrò in contatto con Udet. E il Generale tedesco divenne con la frequentazione un interlocutore privilegiato nell’assolvimento del delicato incarico di papà.

Con il tempo il rapporto con Udet – rapporto di lavoro ma soprattutto tra piloti – si trasformò in qualcosa di vicino all’amicizia. Mio padre raccontava che Udet gli fece visitare più volte, precisando che l’invito era a titolo personale e non ufficiale, il più importante Centro di prove e di addestramento dell’Aeronautica Militare situato nella cittadina di Reichlin a circa un centinaio di km a nord di Berlino. Nel centro si costruivano segretamente i prototipi di aerei e nel 1939 si svolsero le prove del primo aereo a reazione del mondo, l’Heinkel He-176.

È naturale pertanto che Udet fosse diverse volte a cena dai miei genitori. Mia madre lo descriveva come piccolo di statura (non più di 1 metro e 60 cm stimava), sempre allegro, espansivo e sorridente, grosso fumatore di sigari e bevitore di cognac. Aggiungeva anche, con un pizzico di bonaria malizia, che dalle tante voci che circolavano nella Berlino bene Udet era considerato quello che oggi si definirebbe uno sciupafemmine. Forse anche perché si poteva avvalere del fascino che aveva mostrato nella partecipazione come pilota protagonista in due film della grande regista tedesca Leni Riefenstahl, uno ambientato tra i ghiacciai della Groenlandia e l’altro in Africa nei cieli del Serengeti.

Erano cene in cui non si parlava di politica o di lavoro, ma quasi esclusivamente di volo. E una sera Udet disse a mia madre: “Gnädige Frau Teucci, la vita vale la pena di essere vissuta solo per volare”.

Poi la tragedia con il Generale Udet che si suicida il 17 novembre 1941 di prima mattina nel suo appartamento con un colpo di pistola alla testa.

Mia madre, che lo aveva avuto a cena qualche giorno prima della morte, ricordava che per tutta la serata era rimasto silenzioso, triste e quasi distaccato da tutto, completamente diverso dall’Udet gioviale, spensierato e scherzoso di sempre. Rimase profondamente colpita dalla fine tragica di Udet.

Mio padre attribuiva quel suicidio a diversi fattori.

La percezione del Generale tedesco che con l’attacco alla Russia del giugno 1941 la guerra non poteva più essere vinta.

L’enorme difficoltà, che con l’allargamento del conflitto Udet doveva sostenere per dare corso a un più ampio ed articolato programma di sviluppo della produzione aeronautica, che non poteva non tenere conto anche dell’incombente mancanza di materie prime come ad es. l’alluminio e la gomma.

Le molte ed aspre critiche che venivano fatte ad Udet per aver dato avvio ad un programma di armamento aereo, che già nella battaglia d’Inghilterra dell’estate del 1940 aveva fatto emergere gravi carenze e che venivano ulteriormente rilevate nella campagna di Russia in corso. Vale a dire l’aver costruito un’aviazione che poteva operare in spazi limitati, come nelle campagne di Polonia e di Francia, ma che non disponeva di bombardieri a lungo raggio, strategici, che potessero spingersi in profondità nel territorio nemico.

Anche la rivalità con il Segretario di Stato all’Aviazione, Generale Erhard Milch, che molti dicevano fosse invidioso di Udet ebbe il suo peso.

Mio padre, che conosceva bene entrambi, diceva che il rapporto tra Milch e Udet era complesso. Con l’avvio della campagna di Russia, Milch mise sotto pressione Udet affinché riorganizzasse il suo Dipartimento al fine di poter addirittura quadruplicare la produzione aerea. Richiesta alla quale Udet sapeva di non poter far fronte. Nel settembre del 1941 Milch, che doveva sostituire temporaneamente Udet, ricoverato in ospedale, lo esonerò in pratica di tutte le sue funzioni ledendone il prestigio e ferendone l’orgoglio.

E da ultimo giocò un ruolo determinante il grave stato di depressione in cui era caduto Udet. L’uomo era un sognatore di voli e di acrobazie e non ci si ritrovava nelle vesti di Direttore di un grande apparato amministrativo, di organizzatore e pianificatore di produzione aeronautica. L’enorme mole di lavoro al Ministero dell’Aviazione era un fardello insopportabile che lo spingeva all’uso eccessivo di alcol e di anfetamine (prevedibilmente il Pervitin) per sfuggire alle sue responsabilità e placare le sue ansie.

In definitiva, diceva mio padre, un’esistenza contraddittoria e una morte non eroica per questo grandissimo e coraggioso pilota, che aveva corso tanti pericoli in guerra sul suo fragilissimo Fokker di tela e legno compensato e che avrebbe voluto, e forse dovuto, dedicarsi solo al volo, l’unica e grande passione della sua vita.

Dal Giappone, Settembre 2021

Maurizio TeucciL’autore
Ambasciatore Maurizio Teucci
Biografia


“Ho avidamente letto lo scritto, tuffandomi con l’immaginazione e rivivendo virtualmente, memorie così particolari e pregiate, che sono a pieno titolo dei veri e propri pezzi di storia, della nostra storia.

La loro particolarità, che trovo affascinante, è la capacità di sintesi e di cronaca che permettono al lettore di rivivere determinanti momenti del passato da un osservatorio assolutamente privilegiato, quale può essere la diretta conoscenza dei protagonisti, e permette di effettuare un’azione di introspezione sugli stessi che stimola importanti riflessioni su come e quali fossero le realtà del tempo.

Grande merito ovviamente va tributato a chi ha permesso, con tali gesta e professionalità, che dette vicende entrassero indelebilmente nella nostra memoria. Mi riferisco ovviamente non solo all’opera di studio ed approfondimento magistralmente svolta dalla Società Italiana Aviazione Civile, ma anche alla caratura e spessore di uomini che definirei, con un’accezione espressamente positiva, “d’altri tempi”.

emblema_repubblica_monocromaticoGen. B. Lorenzo Del Maso
Attaché Militare, Ambasciata d’Italia a Berlino


“Darò un’attenta lettura alla pubblicazione al fine di incrementare le mie conoscenze sul periodo in questione, ringraziando per il pensiero avuto nei confronti del Museo Storico Aeronautica Militare”.

img_donodalcielo_hpT. Col. Nav. Marcello Majorani
Direttore, Museo Storico Aeronautica Militare


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